

Chi è sa femina accabadora?
Cosa racconta la tradizione gallurese?
Conosci la Leggenda gallurese di Sa femina accabadora? Si tratta di una figura di risalto e particolarmente attrattiva in chiave folkloristica e turistica (esiste anche un museo a Luras) della Sardegna è quella della “Accabadora“ (o agabbadora). La sua esistenza è provata e pare anche sia stata identificata in una donna abitante in Gallura, vissuta fino agli anni ’90 del secolo scorso. La femina accabadora, così denominata in Gallura, è stata anche raccontata in un bellissimo romanzo scritto da Michela Murgia, editato da Giulio Einaudi Editore. L’accabadora è una donna, vestita di nero, che veniva chiamata per porre fine alla vita di una persona gravemente malata. Era compito di un membro della famiglia chiamare l’accabadora la quale si recava nella casa in ore notturne, per non essere vista da nessuno.
la leggenda di Sa femina accabadora
Portava con sè una borsa che conteneva gli arnesi del suo “mestiere”, tra cui un piccolo giogo di buoi, simbolo di fertilità e morte-rinascita, che veniva piazzato sotto la testa del malato per aiutarlo nel cammino, e un martelletto con il quale la Accabadora sferrava un colpo secco alla tempia ed interrompeva le sofferenze e la vita. Questo rituale veniva anticipato da preghiere e formule magiche per accompagnare l’anima nel suo viaggio, mentre si spogliava la stanza d’ogni simbolo religioso, togliendo al malato croci o gioielli. Così com’era arrivata, l’accabadora se ne andava silenziosa scambiando uno sguardo fuggevole con i parenti della vittima, che poi annunciavano la morte del congiunto. L’accabadora veniva ricompensata dalla famiglia con i prodotti della terra.
Tutto questo era noto alle forze dell’ordine le quali però non intervenivano mai, riconoscendola quindi come una figura accettata e di tradizione locale. L’accabadora era anche una levatrice, pertanto era una figura che accompagnava alla vita e alla morte. La morte è un elemento molto ricorrente nelle leggende di ogni parte del mondo, così come in Sardegna e in Gallura. Altra figura che rimanda a questo tema è su tragacorcios, annunciatore di morte.
Il termine “accabadora” pare sia di origine spagnola e derivare dal verbo “Acabar”, cioè finire / terminare. Non a caso, in sardo esiste l’espressione “accabadare“, che vuol dire “incrociare le mani ad un morto“, ma anche “mettere a cavallo“, nel senso di “far partire“. C
Nell’immagine una rappresentazione della femina accabadora e il libro di Michela Murgia.